Lettera aperta ai ricercatori della Lega Italiana Ricerca Huntington

Lettera aperta ai ricercatori della Lega Italiana Ricerca Huntington

 

Sin da piccola, quando vivevo a Roma, parlo del 1942- 43 in piena seconda guerra mondiale, per la precisione, e qualche compagna di classe si ammalava di bronchite, polmonite o qualsiasi altra infezione e dopo pochi giorni le condizioni di salute peggioravano, spesso, senza che nemmeno i medici potessero far nulla; allora chiedevo alle mie insegnanti: "Perché si muore con queste malattie?"

Loro mi rispondevano che non c’erano medicinali specifici per sconfiggere i “batteri” che provocavano queste gravi infezioni, però in futuro ci sarebbero stati medici che avrebbero studiato a fondo, notte e giorno, per riuscire a trovare rimedi adatti per queste gravi malattie.
Nel corso degli anni ho visto ed ho constatato che ormai: bronchiti, polmoniti, tubercolosi, tifo ecc, si potevano curare e sconfiggere perché c’erano medici scrupolosi, laboriosi e instancabili che avevano la “passione” per la ricerca scientifica.
In seguito con il progredire delle scoperte scientifiche, delle comunicazioni, televisione, computer, internet, l’uomo “sapiens” (perdonate la battuta) ha capito che in queste tragedie umane fosse necessaria l’opera dei medici ricercatori, che ho sempre ammirato, perché con la loro abnegazione, solidarietà verso il prossimo, riescono a studiare nei loro studi, nei loro laboratori, che definisco “luoghi sacri”, le cause che generano malattie gravi, epidemiche e anche malattie genetiche ancora più complicate.

Ed ecco il punto: purtroppo la mia famiglia è stata colpita da una malattia neurodegenerativa, ereditaria gravissima, la MALATTIA DI HUNTINGTON. Nel 1957 quando mi sono sposata, purtroppo, questa terribile malattia non era ancora conosciuta: ne era stata colpita mia suocera, il fratello, mio marito e il mio primo figlio, tutti e quattro in età diverse e con sintomi diversi.
Nel 2000 dopo varie visite da “specialisti”; che non ne capivano troppo riguardo questa malattia, ci siamo recati a Pozzilli, dove per la prima volta ho conosciuto il Prof. FERDINANDO SQUITIERI, che studiava questa malattia , facendo sacrifici enormi viaggiando ogni giorno per raggiungere la struttura ospedaliera.

All’inizio Squitieri era solo, in un piccolo studio, con pochi mezzi anzi pochissimi per fare “ricerca”, ma poi, ha proseguito il suo difficile cammino e soprattutto con la sua forza di volontà ha potuto organizzare al meglio il suo lavoro. E’ importantissimo affidarsi ai medici ricercatori come lui, che studiano quotidianamente, senza sosta, malattie gravissime e incurabili. Nel 2017 dopo diciassette anni dal giorno in cui ho varcato, insieme a mio figlio, la soglia di un piccolo studio, dove c’era un giovane pieno di speranza, medico in “prima linea”, si può affermare che si sono fatti passi da gigante, le ricerche cliniche e farmacologiche continuano costantemente ed ora anche se non si può prevenire questa malattia, ne guarire, c’è la possibilità di curarne i sintomi, perché si conosce maggiormente ….
Con affetto e simpatia a tutti gli operatori e i ricercatori che lavorano con LIRH. Vi abbraccio tutti.

Irma Gianfagna

 

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Ringraziamo la nostra amica, che ci ricorda quanto ogni giorno medici e ricercatori imparino dai pazienti e dalla loro sensibilità, per meglio operare in questo difficile ambito
Ferdinando Squitieri - Ricercatore, neurologo

…. Perché del resto la forza con cui affrontano ogni giorno le loro difficoltà è la fonte della nostra energia.
Massimo Marano - Ricercatore, neurologo

Le sue parole, signora Irma, ci hanno toccato. Tutti. Indistintamente. Lo hanno fatto in modo diverso, perché diversi siamo noi. Chi si è sentito orgoglioso, chi ha ceduto ad una lacrima, chi ha sorriso. Ognuno ha avuto la propria reazione. Ma quello che è stato uguale per tutti è la riconoscenza alle sue parole. È pensare che quello che facciamo e che amiamo tanto fare, abbia degli effetti sì sulla ricerca, ma anche sulle persone stesse. Farvi sapere che ci siamo è per noi una priorità, tanto quanto riuscire ad avere dei risultati scientifici importanti. E le persone come Lei rappresentano la nostra forza. Le sue parole ci hanno scaldato e ripensando a quelle, andiamo avanti nel nostro lavoro. Ancora più forti. Noi tutti la ringraziamo e la abbracciamo con affetto. Iolanda Santimone - Ricercatrice, biologa

Cara Sig.ra Irma, da poco meno di 2 anni lavoro con la Fondazione LIRH ed il gruppo multidisciplinare che il Prof. Squitieri ha costruito per far fronte alle diverse problematiche relative a questa tremenda patologia. Le Sue parole sono per me fonte di energia, una carica di positività, motivazione per fare sempre meglio il mio lavoro. Conoscere la storia di un posto, di un gruppo di persone, di come si è arrivati ad essere quello che siamo rappresenta un passo fondamentale per affrontare al meglio le sfide future. Questo lavoro mi sta insegnando – come emerge anche dalla Sua lettera- che “rimanere chiusi” nei laboratori, nei centri di ricerca e nei propri studi medici è certamente importante, ma non sufficiente: solo attraverso l’ascolto delle storie dei pazienti e dei loro familiari, delle preoccupazioni e dei problemi quotidiani da affrontare, si può realmente fare un passo in avanti avvicinandosi alla soluzione di una problematica così grave. La vostra collaborazione e vicinanza è per noi fondamentale e le Sue parole sono molto più di un ringraziamento: rappresentano la testimonianza che INSIEME siamo davvero più FORTI (non a caso lo slogan dell’ European Huntington Association - Stronger Together!). Un Caro Saluto,
Simone Migliore - Ricercatore, neuropsicologo

Mi sentirei di ringraziare la signora Irma per il coraggio di 'raccontarsi', è anche grazie a questo che la LIRH diventa più forte, e la strada verso una cura si fa più chiara ai ricercatori. Bellissima testimonianza. Grazie di cuore.
Irene Mazzante - Psicologa 

Cara Irma, grazie mille per le sue parole di apprezzamento e di incoraggiamento. Grazie per la forza, il coraggio e la dignità che ha saputo trasmettere ai suoi nipoti. Può accadere, non solo a chi ha la malattia, ma anche a chi la cura mentre la studia, di sentirsi solo, alle volte. Per fortuna ci sono persone come lei che, con un gesto tanto semplice quanto inaspettato, rimettono le cose al loro posto. Un abbraccio da tutti noi,
Barbara D’Alessio - Vice presidente Fondazione LIRH onlus

Cara Sig.ra Irma, la ringrazio per la sua preziosa testimonianza. Credo che oltre al valore umano del racconto di una storia di vita, la sua lettera sollevi tematiche di estrema importanza e attualità, che troppo spesso, assorbiti da una ragnatela di impegni e problematiche quotidiane, vediamo sottovalutate. Dal suo racconto arriva un messaggio chiaro: questa è una malattia che colpisce la famiglia, non solo le singole persone che ne sono affette; ed è come famiglia che questa malattia deve essere “aggredita”, lavorando a fianco dei clinici e ricercatori per far sentire la propria voce e la propria testimonianza, aiutandoci a conoscerla meglio e a farla conoscere. Se oggi infatti se ne parla sempre di più è anche grazie a persone come voi, che sono disposte a mettersi in gioco, sconfiggendo quella paura di stigma che non fa altro che alimentare l'isolamento. Contro questa malattia l'arma più potente di cui possiamo vantarci è proprio quella di costruire reti solide: reti sociali tra famiglie, reti di collaborazioni tra professionisti e reti di dialogo tra professionisti e famiglie, perché ciascuno possa imparare dall'incontro con gli altri. Per questo faccio i complimenti a tutti voi, con l'augurio che la sua lettera possa essere fonte di energia per molte famiglie, così come persone come voi lo sono per noi. Un caro saluto,
Sabrina Maffi - Ricercatrice, psicologa