logo prilenia

EMA ha accettato di valutare la richiesta di commercializzazione della pridopidina per il trattamento dell'Huntington

La corposa documentazione necessaria per effettuare la valutazione della richiesta di immissione in commercio era stata inviata ad Ema a fine luglio.

Lo scorso 3 Settembre Prilenia Therapeutics ha annunciato che EMA ha formalmente accettato di avviare il percorso di valutazione della Domanda di Autorizzazione all’Immissione in Commercio in Europa (MAA Marketing Authorisation Application) per il farmaco pridopidina (45 mg per via orale due volte al giorno) per il trattamento di pazienti adulti con manifestazioni cliniche di malattia di Huntington. La domanda era stata presentata a fine luglio. 

La valutazione della MAA richiede in genere dai 12 ai 14 mesi, ma può comportare anche un periodo di attesa più lungo. 

Nel frattempo, l’azienda informa che ha avviato un dialogo anche con FDA su un potenziale percorso da seguire per la pridopidina negli Stati Uniti e che prenderà in considerazione la possibilità di fare altrettanto anche in altri Paesi, una volta concluso il processo di revisione regolatoria in Europa.

Se EMA concederà l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC), sarà comunque necessario un passaggio ulteriore a livello di singoli Paesi. In Italia la valutazione successiva dovrà essere effettuata da parte di AIFA con cui l’industria dovrà anche negoziare il prezzo di rimborso. Anche questo passaggio richiederà ulteriore tempo.

La pridopidina è un agonista del recettore sigma-1 (S1R) con un profilo di sicurezza molto ben documentato.

Si tratta di una molecola per uso orale, che ha mostrato un alto profilo di sicurezza, pur non avendo raggiunto, nella recente sperimentazione di fase tre PROOF-HD, il suo obiettivo principale: il miglioramento della progressione di malattia, misurata come effetto sull'autonomia attraverso una scala di capacità funzionale chiamata Total Function Capacity (TFC) scale. 

Analisi successive hanno tuttavia mostrato dei benefici in una parte dei pazienti, quelli in fase iniziale non trattati con alcuni farmaci neurolettici (soprattutto tetrabenazina/xenazina).

Questo significa che, qualora EMA approvasse la richiesta di immissione in commercio di pridopidina, non si avrebbe a disposizione “il farmaco che guarisce la malattia”, nè un farmaco disponibile per chiunque avesse una mutazione di Huntington nel proprio DNA, ma solo per pazienti 1) adulti e 2) con diagnosi clinica e manifestazioni di malattia.

In questi casi la pridopidina potrebbe rappresentare una risorsa farmacologica ben tollerata in grado di mitigare, in alcuni casi, il decorso.

Ciò costituirebbe un passo in avanti rispetto alla situazione attuale e, certamente, rappresenterebbe un segnale di speranza per la comunità delle famiglie coinvolte dalla malattia di Huntington. Va, tuttavia, sottolineato che il beneficio maggiore per i pazienti rimane la buona pratica clinica da parte dei medici che dovrebbero personalizzare la cura dei sintomi attraverso l'uso di farmaci adeguati alle condizioni cliniche di ciascuno. Il fatto che un farmaco sperimentale funzioni meno bene in presenza di farmaci, talvolta, abusati nella pratica clinica, rappresenta l'esempio più eclatante del "primum non nuocere". 

Attualmente pridopidina viene somministrata - in quanto farmaco sperimentale non (ancora) in commercio -  nell'ambito di un programma di uso compassionevole che sarà interrotto alla fine del percorso di approvazione.