Studio SIGNAL: pepinemad non migliora i sintomi della Malattia di Huntington

Studio SIGNAL: pepinemab non migliora i sintomi della Malattia di Huntington

25/09/2020

 

SIGNAL è una sperimentazione che ha preso avvio nel 2015 in 20 centri degli Stati Uniti, cui hanno partecipato 301 pazienti con malattia di Huntington in una fase molto iniziale o non ancora sintomatici. 

La molecola sperimentale somministrata è un anticorpo monoclonale, pepinemab (anche noto come VX15), designato come farmaco orfano e prodotto dall'azienda VACCINEX. Lo scopo dello studio era quello di testare la tollerabilità e l’efficacia di questa molecola sul rallentamento degli effetti della malattia sul disturbo del movimento, sulle facoltà cognitive e sul comportamento.

Ai partecipanti è stata somministrata ogni mese una flebo endovenosa: metà hanno ricevuto pepinemab e metà un placebo. Molte visite hanno previsto anche la somministrazione di test e la esecuzione di risonanza magnetica, oltre a procedure per valutare la capacità di apprendimento e la memoria, esami fisici e prelievi di sangue. Poiché lo studio è stato condotto ‘in doppio cieco’, né lo sperimentatore né i partecipanti erano a conoscenza di chi riceveva la molecola sperimentale e chi il placebo.

Dopo il primo anno, i partecipanti hanno continuato a sottoporsi a visite per un ulteriore periodo, da 6 mesi a 2 anni, necessario per monitorare la loro salute non solo in corso di svolgimento ma anche dopo la conclusione del trial.

Sono stati recentemente resi noti i risultati “chiave” dello studio e purtroppo, nonostante il farmaco sia risultato ben tollerato e non abbia provocato effetti collaterali, gli obiettivi principali - ovvero il miglioramento della memoria, della pianificazione e della capacità di seguire precise istruzioni da un lato; e il miglioramento delle abilità funzionali complessive quotidiane dall’altro - non sono stati raggiunti.

Nonostante siano stati comunque riscontrati dei miglioramenti su alcune attività cognitive dei pazienti, essi non sono stati ritenuti statisticamente significativi, laddove comparati tra il gruppo cui è stato somministrata la molecola sperimentale e quello che ha ricevuto il placebo.

Non si può dire, quindi, che sia stato inutile perché lascia aperti futuri spiragli non solo per malattia di Huntington – potenzialmente, in riferimento a pazienti un po’ più avanti nella malattia - ma anche per altre malattie in cui è presente una compromissione cognitiva, prima tra tutti la malattia di l’Alzheimer. Ferdinando Squitieri ha affermato: "L’aspetto positivo dei risultati, sebbene non confermino un raggiungimento di obiettivo primario, è che un farmaco in via sperimentale potrebbe essere funzionale in fasi avanzate della malattia. Soprattutto per quanto riguardo il contrasto del declino delle funzioni cognitive, aspetto notoriamente difficile da trattare"

La partecipazione agli studi sperimentali non è mai inutile: il successo di uno studio clinico non si misura solo dal mero risultato finale, ma anche dalla sua capacità di arricchire la comunità scientifica di informazioni utili ad identificare le strade più efficaci e quelle meno efficaci da percorrere per il raggiungimento di una cura risolutiva.

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