storia malattia di Huntington Maria

Maria

Maria, 25 anni di Castellammare di Stabia (Napoli), racconta la sua esperienza con la malattia di Huntington. Ecco come è cambiata la sua vita dopo il test genetico.

Maria, 25 anni - Castellammare di Stabia (Napoli). In famiglia siamo io, Francesco e papà. Abbiamo perso mamma da poco. Papà è venuto a sapere della malattia di mamma tramite mio zio. Mia mamma a un certo punto ha effettuato il test ed è risultato positivo. Quando ho compiuto 18 anni, papà mi ha raccontato tutto. Anche Francesco, che ha 2 anni meno di me, l’ha scoperto quando ha compiuto 18 anni.

Da quando ho saputo della malattia, la nostra vita è cambiata. Mamma continuava a peggiorare. Ha tentato il suicidio due volte. Io avevo solo 19 anni. E’ arrivato il momento in cui ha detto: “i miei figli hanno visto già troppo” e ha deciso di andare in una RSA. E da lì è iniziata una nuova fase. Andavamo a trovarla ogni giorno, ma per me mamma, finché è stata in grado di pronunciare  il mio nome, non è stata malata. Mamma è  mamma. Ho realizzato veramente il tutto solo quando è venuta a mancare.

Io però, già a 18 anni, non appena ho saputo della malattia, ho deciso di dare il mio contributo alla ricerca. Nonostante il pensiero della possibilità di fare il test fosse ancora lontano, ho chiesto di essere inserita in ENROLL. In un primo momento, ho pensato di partecipare solo per aiutare la ricerca, per mamma. Non la vivevo ancora come un’ipotesi che potesse riguardarmi direttamente. L’ho fatto solo per lei.

Dopo poco, ho voluto intraprendere il percorso previsto per chi vuole effettuare il test. Accompagnata da mio padre sono venuta più volte a fare i colloqui. Il mio percorso però, ad un certo punto, subí un freno.

Il pensiero al test, tuttavia, c’è stato sempre. L’episodio che mi ha fatto prendere una decisione definitiva è stata una conversazione avvenuta anni dopo con mia cugina Anna, che mi disse: ”Maria ma cosa aspetti a farlo, hai 25 anni ora”. Già avevo il pensiero nascosto, quella frase mi ha convinta definitivamente e così, ho deciso di farlo. Da quel momento ho iniziato il percorso di counseling.

Si sono susseguite una serie di video chiamate con la dottoressa Maffi e il professor Squitieri. Più passava del tempo, più mi rendevo conto che ero pronta. Subito dopo aver fatto il prelievo, ancor prima di conoscere il risultato, mi sono sentita subito meglio, più sollevata.  Il 3 luglio 2020 è stato il grande giorno, quello in cui ho ritirato il risultato del test. Sono andata all’appuntamento al Mendel insieme a mio padre e a mia cugina Anna. Ripensando a quella giornata, credo di aver realizzato davvero il tutto solo quella mattina mentre eravamo diretti a Roma.

Ricordo perfettamente la sera prima del ritiro del risultato del test. Abbiamo mangiato la pizza tutti insieme: Io, Francesco e papà. Mentre eravamo a tavola papà mi ha chiesto: “Mary, ma secondo te nella vita siamo stati coraggiosi o stupidi?”. Un po’ sorpresa gli ho risposto: “Ma ti riferisci al test di domani papà?”. Lui: “No, in generale, mi chiedo se siamo stati coraggiosi” - “Bè se siamo arrivati fin qui – ho risposto - direi che siamo coraggiosi. Non posso tirarmi indietro ora, pà”. Lui mi ha guardato e mi ha detto : “No Mary, tu ti puoi tirare indietro quando vuoi”.

Ricordo che la mattina del 3 luglio mi sono svegliata con un forte mal di pancia: in quel preciso momento, ho realizzato che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Mi sono messa davanti allo specchio e ho pianto. Ho pianto soprattutto perché se fossi stata positiva, non sarei stata in grado di aiutare mio fratello e mia mamma, che allora era ancora in vita.

Il viaggio da Castellammare a Roma mi sembrò infinito.

Una volta arrivati, la dott.ssa Maffi convocò me  mio padre e mia cugina Anna: “Per te ci sono solo buone notizie, sei negativa”. Esclamai : ”Giura????”.

Provai una gioia immensa. Iniziammo ad esultare e festeggiare, temevo che ci cacciasse dalle stanza.

Da quel giorno la mia vita è cambiata. Mi sono fatta un tatuaggio con il numero delle triplette e la data. 21 e 17 le triplette e 2020 l’anno. Ho anche una tazzina del caffè dietro al collo. Per mamma, perché lei era innamorata del caffè e io sono nata con la voglia di caffè. Era una cosa nostra e volevo che lo fosse per sempre, in qualche modo.

Come è cambiata la mia vita da quel giorno?  Mi sono sentita libera totalmente, da tutto.

Io consiglio di fare il test per non vivere con il dubbio. Ho sempre raccontato della malattia e del fatto di essere a rischio. Parlarne con gli altri mi ha sempre aiutata, ma mi rendo conto che non tutti sono così.

Anche mio fratello ha deciso di sottoporsi al test. Gli ho detto: “ Qualsiasi sarà il risultato del test, anche se sarai positivo, io non ti guarderò mai come una persona malata. Tu sarai sempre e solo mio fratello, il sangue del mio sangue. Io dietro di te ci sarò sempre. Se cadi 8 volte, ti rialzerò 10 volte.”  Noi siamo legatissimi fin da bambini. La perdita di mamma ci ha uniti ancora di più.

Mamma è venuta a mancare il 5 gennaio 2021. Quando le ho comunicato il risultato del test non ci credeva. Spero che sia stata una cosa importante per lei.

Mi accorgo che a questo punto gli occhi diventano lucidi. “Fa parte di me questa cosa, io devo piangere ogni tanto, a volte più spesso, per sfogarmi. Spero di essere un esempio per tutti i miei cugini e mio fratello. Io sono stata la prima di 11 nipoti a sottopormi al test”. 

Aldilà della mia attitudine, comunque, per me la decisione di partecipare ad ENROLL, ancor prima di sottopormi al test, è stata importantissima. Se ci fossimo basati solo sull’esperienza diretta di mia mamma e dei miei zii, fratelli di mamma, noi tutti avremmo affrontato la malattia in maniera totalmente diversa. Avremmo dato per scontato, ad esempio, di essere tutti positivi. Compreso mia madre: sono  5 fratelli, di cui 4 hanno manifestato sintomi. Se ci fossimo basati soltanto sulla statistica, senza conoscere meglio altri aspetti della malattia e le possibilità che derivano dalla ricerca e dalla cura, avremmo vissuto solo nell’ansia e la paura.

ENROLL mi ha fatto innanzitutto conoscere altre esperienze. Ho avuto modo di capire che ci sono altre possibilità e soprattutto che anche con la malattia, si può vivere una vita dignitosa. Il percorso di counseling per me è stato fondamentale. Come lo è stato, in generale, il contatto con la LIRH iniziato molto prima di decidere di effettuare il test. Conoscere la malattia a 360° mi ha permesso di vivere  tutto con maggiore consapevolezza. Non sono rimasta sola nel mio mondo con le mie idee e convinzioni. Dall’esperienza di mamma avrei dovuto pensare che mi sarei ammalata anche io presto e avrei avuto il suo stesso percorso. Invece sono qui, sono negativa e, ad oggi, il mio dispiacere più grande è solo quello di non essere riuscita a far conoscere i nipoti a mamma. 

Il confronto con gli altri è stato essenziale, nel momento in cui ho iniziato a parlare ho visto che si è aperto un mondo.  Ho scoperto che esistono altri universi. Non lo dico solo perché sono risultata negativa. Prima di confrontarmi, ad esempio, era convinta che qualora fossi risultava positiva, avrei dovuto rinunciare totalmente alla possibilità di avere dei figli. Conoscere invece, mi ha fatto capire che avrei potuto eseguire il test prenatale e scegliere di diventare madre comunque.

La vita è fatta per essere vissuta appieno, anche rischiando. Bisogna amare la propria vita, ma imparare anche a rischiare.  Alla domanda di mio papà la sera prima del test, ho finalmente risposto e ora mi sento libera. In questa vita ho scelto di essere coraggiosa.

Continuerò a dare il mio contributo alla ricerca partecipando al ENROLL. Lo faccio per aiutare gli altri, affinché si riesca a trovare quanto prima una cura o, almeno, affinché la malattia di Huntington non faccia più paura.

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