Giacoma
Non so da chi ho ereditato la malattia, ma penso da mio padre. Lui morì di infarto all’età di 54 anni e viveva in America da 8 anni. A nessun altro in famiglia era stata diagnosticata questa malattia. Nessuno di noi ne aveva sentito parlare prima.
Ho fatto il test due anni fa perché erano stati notati dei movimenti coreici e sono risultata positiva.
Ho capito che è una malattia brutta, una cosa veramente invalidante. Nella quotidianità non mi sento limitata, faccio ancora tutto io a casa. Sento solo le ginocchia un po’ rigide. Cammino due ore tutte le mattine e un’oretta la sera; poi faccio la cyclette. Prima di fare tutto questo movimento mi sentivo le gambe “legnose”. Ora mi sento più sciolta.
Invece sento molti problemi alla gola. Sono stata dalla logopedista e lei mi ha fatto vedere che la gola si può chiudere. L’altra notte mi sembrava di rimanere soffocata. Quando mi succede devo inghiottire e fare esercizi con la lingua.
Ho un carattere io che non ci penso, tanto non è che si risolva a pensarci. Io la vivo come se non avessi nulla. Non bisogna preoccuparsi perché le preoccupazioni fanno star male.
L’unica è non pensarci. Se la mente riesce a pensare che sei normale come gli altri è importante crederci. La mente aiuta e la vita mi ha insegnato che si vive giorno giorno. La vita ti riserva sempre delle sorprese. Poi non a tutti viene uguale, per quello io non ci penso.
Bisogna essere positivi, vedere rosa e ringraziare Dio tutti i giorni che ci alziamo e che ci siamo.
Testimonianza raccolta nell'ambito del progetto That Disorder- Photography Project On Huntington's Disease