Lorenzo
Lorenzo, 24 anni - Alatri (FR)
Inizialmente ce l'aveva mia nonna, che è morta nel 2004 quando ero ancora piccolino. All'epoca non sapevamo ancora di cosa si trattasse. Poi negli ultimi 5 o 6 anni si è ripresentata nei suoi figli, quindi mio padre, mio zio e mia zia che hanno fatto il test e hanno scoperto di questa cosa. Da allora conviviamo in famiglia con questa malattia. Io stesso poi ho fatto a mia volta il test, e sono risultato positivo.
Se c'è un'informazione che riguarda la propria salute credo sia necessario conoscerla, quindi ho ritenuto meglio per me affrontare la notizia, bella o brutta che fosse, piuttosto che vivere con l'ansia di non sapere. Sono stato convinto fin dal primo giorno in cui avevo deciso di fare il test di proseguire con il mio percorso per arrivare al risultato. Non ho mai avuto esitazioni. Tornassi indietro, il test lo rifarei altre mille volte.
Dopo il test, a livello di vita quotidiana e di abitudini non è cambiato assolutamente nulla. C'è solo la consapevolezza di questa cosa con cui in futuro potrei farci dei conti. La vita forse è migliorata perché tramite i consigli degli esperti, dei dottori faccio più attività fisica, mangio in maniera un po' più salutare rispetto a prima. Quindi, per certi versi, conoscere in anticipo un eventuale problema mi ha aiutato per prepararmi ad affrontarlo.
Bisogna cercare prima di tutto di informarsi, andare da fonti sicure, certe e affidabili. Farsi consigliare da organizzazioni come la LIRH, che sanno perfettamente come trattare tutta la situazione. Avere il punto di vista di altre persone che condividono la tua stessa situazione. Lasciarsi aiutare da tutte queste figure che hanno vissuto o che comunque conoscono come funziona questo mondo.
Per quanto riguarda le possibilità per il futuro non mi sento limitato in alcun modo. Sono ancora molto giovane per cui è normale che la pensi così.
Io sono stato fortunato perché ne ho parlato con gli amici e non c'è stato nessun tipo di cambiamento nel nostro rapporto, non ci sono state mutazioni di alcun genere. Continuiamo a ridere e scherzare come al solito. Avere accanto delle persone che ci vogliono bene aiuta, aprirsi con loro fa bene.
Ho una ragazza con cui sto insieme da sei mesi. Quando ci siamo conosciuti lei già un po' sapeva perché aveva letto delle cose che avevo scritto su Facebook. Poi parlando e conoscendoci abbiamo approfondito il discorso, l'ho resa più partecipe di questa situazione, quindi ne abbiamo parlato. Attualmente viviamo senza avere addosso il peso di questa malattia.
Se vuoi costruirti una famiglia devi pensarci bene, devi anche considerare questa cosa che hai. Potrei avere un figlio e trasmettergli la mia situazione... è giusto per lui? è giusto per noi? Qualche pensiero te lo fa venire.
Ancora non mi sono informato su eventuali possibilità per quanto riguarda avere o non avere dei figli, perché sono ancora molto giovane, non è un pensiero che mi sta premendo. In futuro mi piacerebbe avere una famiglia e dei figli, però ancora ho un po' di tempo per informarmi.
Poi si spera nella ricerca, che renda anche più sicuro sia per noi che per i bambini in futuro. Io con la LIRH partecipo al progetto Enroll e HD Clarity che serve appunto alla ricerca.
Durante il periodo del test genetico, parlando con il Dr. Migliore della LIRH mi aveva consigliato di entrare in contatto con il gruppo di ragazzi NOI Huntington. Contattai Marina, uno dei membri del direttivo, che mi ha dato un po' di consigli sul test, come affrontarlo, diciamo consigli da amica. Mi hanno aiutato, mi hanno invitato a un loro incontro che si teneva da lì a pochi giorni, ho partecipato, mi sono trovato subito bene. Adesso è diventata anche un'associazione quindi poi ho iniziato a collaborare con loro attivamente. Fa sempre molto piacere vederli e fare cose con loro. Quello che fanno è buono perché cercano di mettere in comunicazione i giovani che vengono da ogni parte d'Italia. Io non sento la necessità di confrontarmi con gli altri, nel senso che non ho il bisogno di aprirmi, lo faccio semplicemente perché mi piace farlo e mi fa stare bene. Soprattutto con loro perché mi ci trovo bene.
Non bisogna farsi travolgere dalla paura, arrendersi o subirla passivamente. Per quanto mi riguarda sono sempre stato abbastanza tranquillo. Poi a volte vedendo mio padre malato capita di immedesimarmi in lui, quindi lì un po' la situazione cambia. Mio padre mostra sintomi già da qualche anno. Lui ancora comunica, anche se ogni tanto fa dei discorsi sconnessi o senza senso con il contesto attuale. Altre volte interagisce senza problemi. Cammina ma ogni tanto tende a perdere un po' l'equilibrio, specie se deve girarsi o fare movimenti particolari. Non è più autosufficiente, è necessaria la presenza di qualcuno lì vicino che controlli la situazione Cerchiamo di non lasciarlo mai da solo, sta sempre in compagnia di qualcuno, o con me o con mia madre.
Per mia mamma non è facile. Già avere il marito che ha questa situazione non è facile, è molto stressante la faccenda. Non lo nego, è difficile convivere con una persona affetta dall'Huntington. Ci sono periodi più positivi, ma anche periodi più negativi. Molto dipende pure dall'umore di mio padre. Poi penso che ritrovarsi con il figlio con la stessa cosa sia stata una bella batosta per lei. La cosa peggiore di questa malattia è che continua nelle generazioni successive. Ogni tanto è normale che pensi alla situazione in cui si trova un tuo parente, genitore, nonno, quel che sia. E pensi che tra qualche anno, non si sa quando, potrei ritrovarmi nella sua stessa situazione. Fa strano effettivamente pensare di passare da colui che assiste a essere l'assistito.
Bisogna imparare a conviverci, avere fiducia nella ricerca e avere sempre quella positività giusta per vivere serenamente. Non rinchiudersi in se stessi penso sia il consiglio migliore si possa dare.
Testimonianza raccolta nell'ambito del progetto That Disorder-Photography Project On Huntington's Disease