Lapo
16/03/2021
Lapo, 47 anni - Firenze
Ho conosciuto la malattia perché ce l'aveva mia nonna, ma non sapevamo di quale malattia si trattasse. All'epoca spesso davano diagnosi sbagliate: demenza senile o altre malattie.
Anche mia mamma era ammalata, l'ha avuta per 10 anni. Lei invece ha fatto il test genetico circa una ventina di anni fa. Ha iniziato a manifestare i primi sintomi all'età di 55 anni. Dopo la separazione da mio padre, è andata in depressione e praticamente da lì è partito tutto.
Per mia mamma ho fatto il badante per 10 anni, quindi tante limitazioni ce l'ha portate. Da figlio non è stato facile. Mia mamma era il pezzo grosso della famiglia. Carattere forte, quello che diceva lei era legge in casa e tante cose, dopo, si son dovute smussare. Non riusciva più nemmeno a fare il letto, mentre prima lo faceva in 30 secondi. In casa faceva tutto lei e poi abbiamo dovuto fare noi tutto quello che aveva sempre fatto lei. Vederla spegnersi piano piano non è stato facile e dieci anni sono un tempo breve per accettarlo. Avevamo ricostruito un bel rapporto in quegli anni.
Nel 2007 io e mia sorella abbiamo deciso di fare il test e siamo risultati tutti e due positivi. Io ho deciso di fare il test perché volevo sapere. Per il mio carattere lo volevo sapere in tutti i modi. Anche se, con il senno di poi, tornassi indietro forse non lo rifarei.
Prima quando si cercava su Google "Corea di Huntington" non usciva nessun risultato. Adesso ci sono anche troppe informazioni. Cioè, è un bene che ce ne siano tante, però se non sei aiutato psicologicamente a capire quello che stai leggendo, non riesci a gestirle.
Finora nella mia vita, riguardo a me, non ho sentito limitazioni.
Ho un po' il rimpianto di non aver avuto figli. Chi non vorrebbe essere padre? L'istinto c'è. Però anche quella è stata una scelta, una scelta consapevole.
Adesso invece inizio a pensare un po' in avanti, mi sto chiedendo "cosa faccio? che succede se mi viene fuori?". Cerco di lasciar perdere perché fasciarsi il capo prima non ha senso. A livello cognitivo ancora sto bene, per ora, poi il prossimo anno te lo dirò. C'è un po' la proiezione del percorso di mia mamma. Ora lo accuso su di me, non so come reagisco. I medici mi dicono di non pensarci troppo ma non è facile. Si vive e basta, non si può fare altro.
Con gli amici è un argomento di cui parlo senza problemi. Solo con alcuni, ovviamente, non se ne può parlare con tutti. Dipende dalla confidenza e dal livello di comprensione. L'unico consiglio che posso dare è di non chiudersi e cercare di farsi buoni amici. Pochi ma buoni, quelli che nel momento del bisogno ci saranno. Poche persone che sanno volerti bene in quel momento.
Testimonianza raccolta nell'ambito del progetto That Disorder-Photography Project On Huntington's Disease