Renato

STUDIO DI FASE III PROOF-HD CON PRIDOPIDINA

 

La testimonianza di Renato, 66 anni, e del suo caregiver Nino.

 
Nino, che ruolo hai avuto nella decisione di Renato di partecipare allo studio PROOF-HD?

Partiamo da una cornice, altrimenti il quadro non viene fuori con i colori esatti. Renato è un ragazzo introverso, chiuso. Molti anni fa, dopo che si ammalò sua mamma, fummo chiamati da Ferdinando (Squitieri, n.d.r) che ci spiegò che era stata messo a punto un test predittivo per la malattia di Huntington. Renato si sottopose a questo test e scoprimmo che era positivo. Da quel momento, la sua vita è cambiata. Dopo qualche tempo, si separò dalla moglie. Lui era già orfano. Ha vissuto la maggior parte della sua vita da solo. Io e Renato siamo stati compagni di scuola, uniti dalla comune passione per la fotografia. Lui figlio d’arte, io acquisito da lui. Abbiamo messo su insieme un’ attività lavorativa. Abbiamo sposato due sorelle, abbiamo divorziato entrambi. Renato ha preso tutte le sue decisioni da solo, senza far entrare mai nessuno nelle sue scelte. Io sono da un po’ di tempo la persona a lui più vicina. Dopo tanti anni di amicizia, di lavoro, abbiamo costruito e raggiunto un’intesa perfetta. Ognuno consapevole dei limiti dell’altro. Nella vita, come nel lavoro. Io mi occupavo del 50% del lavoro che non piaceva a Renato e viceversa, in maniera complementare. 

Ferdinando aveva proposto a Renato di partecipare alla sperimentazione Generation-HD, ma la necessità di effettuare la puntura lombare e le difficoltà logistiche derivanti dall’organizzazione dello studio, lo hanno scoraggiato. Quando successivamente abbiamo saputo di questa nuova sperimentazione (Proof-HD), logisticamente per lui più pratica, Renato si è convinto subito. Ciò che lo mantiene in vita è la speranza nella ricerca. Ha scelto da solo, liberamente, animato dall’entusiasmo di un risultato positivo. Io rimango accanto, come ho sempre fatto, ma non mi sostituisco a lui. Vorrei che mantenesse la sua autonomia quanto più a lungo possibile

Un’altra questione importante, che ha influenzato positivamente la scelta, è il rapporto e la fiducia in Ferdinando. Lui per noi è come “il messia”. La sua proposta e la sua fiducia nel farmaco hanno svolto un ruolo importante. Si sono intrecciati una serie di elementi favorevoli, che hanno fatto sì che non si aprisse un grande dilemma su quale fosse la scelta più giusta. La decisione di partecipare allo studio è avvenuta in maniera naturale. 

Io ho solo il terrore del placebo, perché sarebbe una sconfitta enorme per lui. Preferisce pensare che non abbia funzionato il farmaco, piuttosto che pensare che sia stato un nefasto “scherzo” del destino a fare la differenza. 

Renato è consapevole della possibilità del placebo, ma ha deciso di non dargli peso. Si è affidato e buttato a capofitto in quello che considera, ad oggi, la sua unica speranza. Ritengo che, come stimolo positivo, il solo fatto di aver iniziato questa sperimentazione, giochi un ruolo importante per lui. L’altro suo grande appiglio rimane l’archivio di fotografie, in cui continua a lavorare. Si è organizzato con un autista che lo porta in ufficio, sta la maggior parte del giorno lì e in tutti i modi cerca di proteggere la sua autonomia. Si compra le sigarette e il pranzo nei suoi posti di fiducia, dove lo conoscono e lo difendono da ‘attacchi’ e insulti esterni. Ad esempio, nel bar dove si reca abitualmente, un giorno uno gli ha urlato : “Ehhh, Questo a prima mattina, sta già ubriaco”. Il barista  l’ha difeso immediatamente e si è scagliato contro il tizio. Con Renato ho capito che una delle battaglie che chi vive con questa malattia è costretto a sostenere quotidianamente, è quella contro l’ignoranza e la cattiveria di tante, troppe persone. Questi episodi sono davvero micidiali. La “strada” può diventare una condanna.  

 

Renato, è la prima volta che partecipi ad una sperimentazione?

Sì, è la prima volta. 

 

Qual è il motivo principale che ti ha spinto a partecipare?

La fiducia in Ferdinando. 

 

Come hai conosciuto il Prof Squitieri?

Ci conosciamo da quando Ferdinando era giovanissimo e lavorava al Policlinico di Napoli dove era primario di neurologia. Allora non c’era ancora neanche la possibilità di effettuare il test per la malattia di Huntington. Quando c’è stata la possibilità di effettuare il test, ne abbiamo parlato. Ho deciso di eseguirlo e sono risultato positivo. Tra di noi c’è stato sempre un rapporto di completa fiducia. Ho accolto qualsiasi proposta da parte di Ferdinando. Non mi sono sentito sicuro solo per quanto riguarda la puntura lombare, ho avuto troppa paura di una procedura così invasiva. Quando mi ha proposto questa sperimentazione però, l’ho accolta con entusiasmo. Confido nel fatto che possa essere utile a rallentare il decorso della malattia.  

 

Oggi come ti senti?

Normale- ride- tutti me lo chiedono oggi. Mi sento normale, emozionato. Non penso che funzionerà come una bacchetta magica, ma ci credo. Ho deciso di partecipare con molta naturalezza, sono pronto. 

 

Vuoi lasciare un messaggio?

In bocca al lupo, non ho altro da dire. Speriamo che vada bene per tutti!

Partecipante allo studio sperimentale PROOF-HD per la malattia di Huntington