Antonietta e Luigia

Antonietta

La malattia di Huntington è entrata nella vita di Antonietta con suo marito Vincenzo e ha colpito anche due ragazze ventenni: sua figlia Luigia e sua nipote Samanta.

Antonietta, 44 anni – Bisceglie (BAT)

Ero la moglie di Vincenzo e sono la mamma di Luigia (a sinistra nella foto, insieme a me).

Ho conosciuto la malattia di Huntington quando ho iniziato a notare dei cambiamenti in mio marito, sia di umore che nel modo di camminare.

Ho ricollegato questi suoi cambiamenti alla situazione di sua madre, affetta da Huntington, malattia della cui esistenza non sapevo nulla quando ci siamo sposati.

Mia suocera ha avuto tre figli: Savina, Vincenzo e Paola.
Dei tre è rimasta ancora viva – se così si può dire – Savina. Paola se n’è andata per prima, circa 10 anni fa, seguita da Vincenzo, 5 anni dopo, scomparso all’età di 42 anni.

Mio marito aveva scatti di ira improvvisi, era diventato aggressivo, con modi di dire e di fare abbastanza violenti. Bruciava i materassi con le sigarette, senza accorgersene; usciva senza rendersi conto di essere in pericolo, perché non aveva equilibrio. Per la sua sicurezza, ad un certo punto è stata presa la decisione di metterlo in un centro.

Ha ricevuto la diagnosi di Huntington dal Centro di xxxx, dove è andato a ritirare il risultato del test accompagnato da alcuni parenti.

Luigia, nostra figlia, è una bellissima ragazza di 24 anni.
Durante il periodo Covid io, che lavoro in ospedale, ho limitato i contatti con mia figlia e con i miei genitori.Quando ho potuto rivederla e siamo uscite insieme dopo tanto tempo, ho notato che camminava male, andava da una parte all’altra, come fosse ubriaca. Ad un certo punto è caduta. Ho deciso allora di prendere appuntamento con la dottoressa del Centro di xxxxx che, dopo avere visitato Luigia, le ha diagnosticato la malattia di Huntington, dicendo che per avere la certezza della diagnosi sarebbe stato necessario eseguire un test genetico. Mi sono immediatamente catapultata con la mente e con la memoria indietro nel tempo, al momento in cui mio marito è stato sottoposto allo stesso esame. Quando ho ricevuto la telefonata dall’Ospedale di xxxxx che mi annunciava che il risultato del test era pronto, sono andata a ritirarlo col cuore in gola. La dottoressa mi ha ricevuto dopo oltre 3 ore di sala d’attesa, per poi darmi con un sorriso l’informazione che il test genetico di Luigia era positivo, aggiungendo che la malattia stava andando avanti velocemente. Nessuna psicologa insieme a noi. Sono scoppiata a piangere e mi sono sentita dire dalla dottoressa ‘signora, io non capisco questa sua reazione, in fondo ci è già passata, sa già cosa la aspetta’. “Ma come – ho pensato -  siccome ho perso un marito, vuol dire che posso sopportare l’idea  di perdere anche una figlia?

Purtroppo, la storia di Luigia non è l’unica che posso e voglio raccontare. C’è anche quella di sua cugina Samanta, mia nipote. Samanta ha manifestato l’Huntington all’età di 17 anni. Ha perso la mamma con questa malattia e il papà a causa di una malattia diversa, per cui mio suocero, il papà di Vincenzo, si è fatto carico di lei e di suo fratello. Un Centro di xxxxx le ha impiantato degli elettrostimolatori nel cervello facendo credere a mio suocero che dopo sarebbe stata molto meglio. Mia nipote è stata sottoposta a sei interventi al cranio. E’ stata trattata come una cavia. L’hanno rovinata per sempre. Dopo circa un mese dal primo intervento, ha avuto un rigetto, le ferite si sono aperte e si è formato molto pus. Le avevano inserito anche un ‘aggeggio’ nel petto, ad un certo punto la ferita si è aperta ed è fuoriuscito. Il nonno, a quel punto, l’ha portata all’Ospedale di xxxxx, dove vive, e lì si sono accorti che il macchinario impiantato era pieno di ruggine. Adesso Samanta è in uno stato vegetativo. La cosa più inaccettabile è che l’Ospedale di xxxxx ha persino fatto pubblicare un articolo su un noto quotidiano annunciando che era stato condotto con successo il primo esperimento di elettrostimolazione su una ragazza di 20 anni affetta da malattia di Huntington.

 

NDR – Questa procedura tecnicamente si chiama DBS: Deep Brain Stimulation e non è mai stata validata per il trattamento della malattia di Huntington.

 

Antonietta e Luigia